Chiesa Sant’Anna: 50 anni!

19 giugno 1960: Il cardinal Fossati benedice la prima pietra

La storia di una comunità che, guidata dai suoi pastori, da oltre mezzo secolo cammina sulle strade dell’accoglienza, della solidarietà e dell’attenzione al prossimo.

Sono arrivata in parrocchia appena sposa, nel luglio 1955. Mio marito l’arch. Piero Lacchia, compagno di studio e di professione, stava già radunando idee e disegni per una nuova grande chiesa su via Medici. La nostra era una parrocchia di fondazione abbastanza recente. Nacque il 28 dicembre 1939, dedicata a Sant’Anna; la cappella che accoglieva in via Brione la nuova comunità era molto piccola.

Il primo vicario parrocchiale fu don Felice Frà, sostituito nel 1946 da don Giovanni Feyles, che nel 1948 divenne ufficialmente parroco. Don Giovanni riuscì ad allungare un po’ la chiesetta di via Brione e a costruire in continuità la casa parrocchiale. I fedeli, però, soprattutto la domenica, nonostante le numerose Messe, sovraffollavano il locale fino a renderlo davvero opprimente. Don Giovanni cominciò allora a sognare una chiesa grande, ma proprio grande. Il terreno gli fu donato dal comm.re Osvaldo Bona, sufficiente anche per l’edificazione di un asilo e una scuola che il parroco fece progettare a Piero Lacchia, giovane architetto che conosceva bene e stimava. La Scuola materna e le aule sovrastanti vennero terminate nel 1958. Per la chiesa, ormai progettata e approvata dal Comune e dalla Curia, i soldi non c’erano, ma a fine 1959 cominciarono a rombare le scavatrici. Don Giovanni con speranza e coraggio, chiese aiuto ai suoi parrocchiani che risposero subito con donazioni anche considerevoli. Nella chiesetta di via Brione fu posto un grande orologio che segnava il crescere delle offerte. Sant’Anna fu costruita tutta con ciò che ha donato il popolo credente. Don Giovanni veniva spesso da Piero in studio, seguiva l’evolversi dei progetti, discuteva, proponeva. Un giorno l’architetto cercò di sconsigliare una sua richiesta di opere nuove, temendo, forse, una spesa eccessiva. Don Giovanni tranquillo gli rispose: «Di che cosa hai paura? Noi in fondo lavoriamo solo per la gloria di Dio».

Il 19 giugno 1960 il cardinal Fossati benedì la prima pietra. Nell’estate del 1961 furono completate volta e copertura. Poi seguirono le pareti di mattoni, gli intonaci, gli impianti, gli infissi, i rivestimenti in pietra, legno e marmo. Fu un lungo lavorare che non completò l’opera (non è completa nemmeno oggi) ma che rese possibile la sua inaugurazione: la solenne Messa di Mezzanotte del Natale 1963 si celebrò, infatti, nella nuova chiesa che don Giovanni e Piero Lacchia hanno sognato e realizzato insieme. E ormai sono 50 anni che Sant’Anna ci accoglie.

Don Giovanni, non trascurando affatto i suoi doveri di pastore, riuscì ancora a costruire in fondo al cortile, la casa Scout, poi, comprati i terreni, realizzò a Melezet una nuova casa alpina per i campi estivi dei suoi ragazzi. Sotto l’abside e gli altari laterali sorsero i locali dell’oratorio, tanto necessari per i giovani. Sia la casa alpina di Melezet che l’oratorio furono terminati dal suo successore. Nell’aprile 1977, non proprio improvvisa, ma per molti imprevista, arrivò per don Giovanni «sorella morte» e si portò via a 63 anni, il padre, il fratello, l’amico di tutta la comunità. Quest’anno possiamo anche ricordare i 100 anni della sua nascita (1913).

A ridare fiducia alla comunità arrivò, nel giugno 1977 don Gian Carlo Vacha che rimase ben 35 anni con noi. Alle attività pastorali e caritative, predominanti, si aggiunse, per il nuovo parroco, l’impegno del costruttore. Al campanile e alla vela di facciata, ancora grezzi, l’architetto fece applicare, nel 1982, un rivestimento litoceramico, coronato da finiture di rame. In fondo al cortile, don Gian Carlo fece ristrutturare la Casa dei Giovani riuscendo a collocare anche tre alloggi da offrire ai bisognosi. Sopra la Scuola materna e le aule, date in affitto, si aggiunse un piano con cinque mini alloggi da destinare agli anziani soli e bisognosi. Qualche anno dopo, si recuperò il piano sottostante e si aggiunsero altri mini alloggi, con una sala comune e una cucina. Nacque così la Comunità di Accoglienza di Sant’Anna che già don Giovanni aveva desiderato, espressione della missione pastorale di solidarietà di tutta la comunità.

Quanti cambiamenti desiderava don Gian Carlo in chiesa! Piero cercò sempre di realizzare i suoi pensieri con infiniti disegni, ma quasi tutto rimase nei sogni di entrambi, perché don Gian Carlo ha sempre dato la precedenza alle necessità dei più poveri. Non tutto ho ricordato, anche perché ai tanti ricordi si sovrappone il pensiero dell’ultimo anno di sofferenza del mio Piero. Ha continuato a lavorare, soprattutto per Sant’Anna, fino a tre mesi prima della morte. Poco più di dieci anni fa, assistito da tutta la famiglia e da don Gian Carlo che spesso gli portava la comunione, Piero serenamente ci lasciò.

Da un anno e mezzo anche don Gian Calo è tornato al Padre, dopo una lunga sofferenza alternata, forse, solo dal sogno (ultimo, impossibile sogno) di ultimare il progetto della chiesa, di renderla più accogliente, più calda nei freddi inverni torinesi. Qualche mese dopo, precocemente, lo ha seguito il caro diacono Sergio Di Lullo, tra lo sconforto di tutta la comunità che lo conosceva e lo amava. Oggi c’è don Davide, giovane, sorridente ed entusiasta. Parroco gradito a tutti. Gli è toccato subito risolvere il bruciante problema del riscaldamento della chiesa e di tutte le strutture parrocchiali. E lo ha fatto con deciso coraggio.

Don Davide, avrai certo altri progetti che riuscirai a realizzare, ma io sono felice quando ti vedo in mezzo ai giovani per aiutarli a vivere da cristiani il loro oggi e il loro futuro. Mi piace anche vederti tra la gente di mezza età perché c’è da risvegliare in loro una fede che, talvolta, le cose di questo mondo attenuano e sopiscono. Sorrido quando arrivi tra noi vecchietti che abbiamo bisogno, e tanto, di essere consolati e preparati all’incontro definitivo con Gesù, con la sua mamma e la sua nonna Anna. Coraggio don Davide! Hai un compito difficile, lo so, ma c’è lo Spirito Santo che ti sostiene.

Sandra LACCHIA

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