L’Arcivescovo Repole a Sant’Anna per i 60 anni della chiesa

Da La Voce e Il Tempo di domenica 14 aprile 2024

Tutta la comunità della parrocchia Sant’Anna, nel quartiere Campidoglio di Torino, domenica 7 aprile si è riunita in festa per la Messa presieduta dall’Arcivescovo mons. Roberto Repole in occasione dei 60 anni dalla consacrazione della chiesa parrocchiale che si affaccia su via Medici.

Al suo arrivo mons. Repole, accompagnato dal parroco mons. Valter Danna, ha visitato una piccola mostra con i disegni della chiesa, progettata dall’architetto Piero Lacchia, e alcune foto della comunità insieme ai parroci che si sono succeduti: don Giovanni Feyles (1946-1977), don Gian Carlo Vacha (1977-2012), don Davide Pavanello (2012-2021) e mons. Danna (dal 2021). Mons. Repole ha sostato anche davanti alla tomba di don Feyles e alle foto dei compianti don Vacha e del diacono Sergio Di Lullo.

Il parroco, nel dare il benvenuto all’Arcivescovo, ha sottolineato come l’anniversario della chiesa costituisca soprattutto un’occasione per esprimere gratitudine al Signore per i doni ricevuti in 60 anni ed anche uno sprone a coltivare la fraternità mettendo al centro Cristo.

Mons. Repole all’inizio della Messa ha poi evidenziato il personale legame di amicizia con il parroco mons. Danna e con il collaboratore parrocchiale don Mauro Grosso, che presta il suo servizio nella segreteria arcivescovile.

Nell’assemblea era presente, con i suoi famigliari, Sandra Ricci ved. Lacchia, 96 anni, moglie dell’architetto che realizzò la chiesa.

Nell’omelia l’Arcivescovo ha invitato l’assemblea, formata dai numerosi gruppi parrocchiali, ad andare alla sorgente per diventare una vera comunità cristiana come quella dei primi discepoli. «E la sorgente», ha detto, «non è costituita dalle attività che si fanno in parrocchia e neanche dal fatto che ci troviamo bene insieme, perché si corre il rischio di diventare una comunità arroccata e rinchiusa».

Ed ecco allora l’invito «a mettere al centro la presenza viva di Gesù risorto, che sta in mezzo, ritto, in piedi. Non ci incontriamo, infatti, perché ci troviamo simpatici, perché facciamo delle attività o perché manteniamo delle tradizioni, ci incontriamo perché al centro del nostro legame c’è Lui: Gesù Cristo, che sta in piedi perché è il centro; perché se si toglie Lui, allora diventiamo una comunità come tante altre, di cui questo mondo non ha bisogno».

Mons. Repole ha, infine, esortato «a spalancare le porte»: «mi piace pensare, come ha ricordato il vostro parroco don Valter, che agli inizi in questa chiesa ci fossero soltanto dei nylon e non delle porte: è un invito a spalancare per andare fuori e dire agli altri l’unica cosa che abbiamo da dire: ‘per me vivere è Gesù Cristo, non ho nient’altro da offrirti che questo’; ‘poi lo faccio attraverso le attività sportive, il doposcuola e accogliendo i più poveri, ma sappi che tutte queste cose io le faccio perché per me vivere è Cristo; senza il suo alito di vita, io sarei morto come tutti gli altri».

Al termine della celebrazione sul sagrato della chiesa si è tenuto un aperitivo con l’Arcivescovo per festeggiare l’anniversario insieme a tutta la comunità in spirito di fraternità.

Stefano DI LULLO

da La Voce e Il Tempo del 14 aprile 2024

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